La carta dei diritti/«SE LA DONNA PUÒ SALIRE SUL PATIBOLO ALLORA DEVE
ANCHE SALIRE SUL PODIO» «Uomo, sai essere giusto?» Dichiarazione di cittadine
Articolo di - E. Ca.
La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina di Olympe De Gouges
è una vera pietra miliare per la storia del femminismo. Scritta nel 1791,
consta di 17 articoli, come la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e
del cittadino del 1789, che Olympe si prefigge di «continuare», specificando e
declinando al femminile l'universalità (in realtà solo maschile) proclamata.
Nonostante sia definita una «Contro» Dichiarazione, a mio parere, al contrario,
prevale in essa un'ottica di completamento e complementarietà tra le due
dichiarazioni.
In quella di Olympe, dopo la dedica a Maria Antonietta («La rivoluzione avrà luogo soltanto quando tutte le donne saranno compenetrate della loro deplorevole sorte e dei diritti che hanno perduto nella società. Sostenete, Signora, una così bella causa; difendete questo sesso sfortunato...»), segue il Preambolo, con il celebre incipit «Uomo, sai essere giusto? E' una donna che te lo domanda: non vorrai toglierle questo diritto.
Dimmi, chi ti ha dato il sovrano potere di opprimere il mio sesso?».
Olympe compie un parallelismo tra l'ordine naturale, in cui vige una cooperazione tra «i sessi nell'amministrazione della natura» «nell'insieme armonioso di questo capolavoro immortale» al quale contrappone «l'impero tirannico» dell'uomo che «nell'ignoranza più crassa, vuole comandare su un sesso che ha autonome facoltà intellettuali», quello delle donne.
Segue il corpus di diritti, in apertura scandito dal principio dell'uguaglianza: «La Donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo» (art.1); il rivoluzionario articolo 3 dichiara che «ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, che è l'unione della Donna e dell'Uomo», principio al quale si ricollega l'affermazione dell'articolo 10, secondo la quale «se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio». Un'espressione che ci scuote due volte: non solo infatti un terribile scherzo del destino ha voluto che Olympe salisse sul patibolo per la sua decapitazione, ma anche perché il messaggio di Olympe sulla partecipazione delle donne alla vita pubblica si arricchisce, acquistando nuova forza, in questo tempo di rivendicazioni delle quote rosa e del 50e50 .
Nelle «Conclusioni» il richiamo alla ragione: «Donna svegliati, la campana della ragione si fa sentire in tutto l'universo, riconosci i tuoi diritti. (...)» e infine un richiamo all'educazione delle donne «poiché in questo momento si parla di educazione nazionale, vediamo se i nostri saggi Legislatori penseranno rettamente sull'educazione delle donne». Un punto che la lega a Mary Wollstonecraft (genitrice poco glam della celebre Mary Shelley), che un anno dopo la Dichiarazione di Olympe, nel 1792, scrive la Rivendicazione dei Diritti della Donna, in cui pone significativamente al centro la questione dell'educazione delle donne, per lo sviluppo dell'intera nazione. Polemizzando con Rousseau, che nell'Emilio aveva teorizzato una forma di subalternità delle donne, il cui compito sarebbe «piacere agli uomini», Wollstonecraft afferma che la natura delle donne non è inferiore a quella degli uomini, e che l'immagine che le donne hanno di superficialità e di stupidità è la proiezione di una educazione che le induce a pensare solo al proprio aspetto fisico (quanto sono terribilmente attuali queste considerazioni!): «Istruite fin dall'infanzia che la bellezza è lo scettro della donna, il loro spirito prende la forma del loro corpo e viene chiuso in questo scrigno dorato, ed essa non fa che decorare la sua prigione».
Quante donne, oggi, non vorrebbero che l'8 Marzo sancisse una reale applicazione delle modernissime richieste di Olympe?
In quella di Olympe, dopo la dedica a Maria Antonietta («La rivoluzione avrà luogo soltanto quando tutte le donne saranno compenetrate della loro deplorevole sorte e dei diritti che hanno perduto nella società. Sostenete, Signora, una così bella causa; difendete questo sesso sfortunato...»), segue il Preambolo, con il celebre incipit «Uomo, sai essere giusto? E' una donna che te lo domanda: non vorrai toglierle questo diritto.
Dimmi, chi ti ha dato il sovrano potere di opprimere il mio sesso?».
Olympe compie un parallelismo tra l'ordine naturale, in cui vige una cooperazione tra «i sessi nell'amministrazione della natura» «nell'insieme armonioso di questo capolavoro immortale» al quale contrappone «l'impero tirannico» dell'uomo che «nell'ignoranza più crassa, vuole comandare su un sesso che ha autonome facoltà intellettuali», quello delle donne.
Segue il corpus di diritti, in apertura scandito dal principio dell'uguaglianza: «La Donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo» (art.1); il rivoluzionario articolo 3 dichiara che «ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, che è l'unione della Donna e dell'Uomo», principio al quale si ricollega l'affermazione dell'articolo 10, secondo la quale «se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio». Un'espressione che ci scuote due volte: non solo infatti un terribile scherzo del destino ha voluto che Olympe salisse sul patibolo per la sua decapitazione, ma anche perché il messaggio di Olympe sulla partecipazione delle donne alla vita pubblica si arricchisce, acquistando nuova forza, in questo tempo di rivendicazioni delle quote rosa e del 50e50 .
Nelle «Conclusioni» il richiamo alla ragione: «Donna svegliati, la campana della ragione si fa sentire in tutto l'universo, riconosci i tuoi diritti. (...)» e infine un richiamo all'educazione delle donne «poiché in questo momento si parla di educazione nazionale, vediamo se i nostri saggi Legislatori penseranno rettamente sull'educazione delle donne». Un punto che la lega a Mary Wollstonecraft (genitrice poco glam della celebre Mary Shelley), che un anno dopo la Dichiarazione di Olympe, nel 1792, scrive la Rivendicazione dei Diritti della Donna, in cui pone significativamente al centro la questione dell'educazione delle donne, per lo sviluppo dell'intera nazione. Polemizzando con Rousseau, che nell'Emilio aveva teorizzato una forma di subalternità delle donne, il cui compito sarebbe «piacere agli uomini», Wollstonecraft afferma che la natura delle donne non è inferiore a quella degli uomini, e che l'immagine che le donne hanno di superficialità e di stupidità è la proiezione di una educazione che le induce a pensare solo al proprio aspetto fisico (quanto sono terribilmente attuali queste considerazioni!): «Istruite fin dall'infanzia che la bellezza è lo scettro della donna, il loro spirito prende la forma del loro corpo e viene chiuso in questo scrigno dorato, ed essa non fa che decorare la sua prigione».
Quante donne, oggi, non vorrebbero che l'8 Marzo sancisse una reale applicazione delle modernissime richieste di Olympe?
Donne
non solo l'8 marzo
Donne deluse
da labbra di fiele,
lasciate da parte
o ridotte in catene,
donne usurpate
strappate alla vita,
piccole donne
e una grande ferita.
Donne sfruttate,
incomprese, sedate,
da un mondo che ancora
invoca barbarie.
Donne comunque
accezione speciale
stille di gioia
nel cielo d'estate,
lasciate fiorire
come dolci promesse,
vincitrici morali
di molte scommesse;
donne in un grido
per un giorno migliore,
donne per sempre
messaggere d'amore.
da labbra di fiele,
lasciate da parte
o ridotte in catene,
donne usurpate
strappate alla vita,
piccole donne
e una grande ferita.
Donne sfruttate,
incomprese, sedate,
da un mondo che ancora
invoca barbarie.
Donne comunque
accezione speciale
stille di gioia
nel cielo d'estate,
lasciate fiorire
come dolci promesse,
vincitrici morali
di molte scommesse;
donne in un grido
per un giorno migliore,
donne per sempre
messaggere d'amore.
L'ITALIA AL PALAZZO DI VETRO DELL'ONU La violenza (di genere) che ferma lo
sviluppo Articolo – di Raffaele K Salinari
Al Palazzo di vetro dell'Onu è in corso la 57a sessione della Commissione sulla Condizione della Donna (Csw57) dal 4 al 14 marzo, che quest'anno discuterà il tema delle violenza di genere e delle prospettive che si aprono quando, nel 2015, terminerà la lunga fase degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, iniziata nel 2000.
Una riunione importante, alla quale l'Italia si presenta con una delegazione capeggiata dal ministro Fornero e diverse Ong del settore, che si sono spese per organizzare eventi e riflessioni sul tema della violenza contro le donne e la relazione genere-sviluppo. I numeri, infatti, sono impressionanti: da uno studio condotto dalla Ong internazionale Terre des Hommes per la campagna InDifesa contro la violenza sulle bambine (www.indifesa.org), emergono questi dati: sono da 500 milioni a 1 miliardo i bambini nel mondo vittime di una qualche forma di violenza, più della metà sono femmine; 100 milioni di bambine mancano all'appello in India per via degli infanticidi e degli aborti selettivi, 9 milioni di bambini muoiono nel mondo per cause evitabili (50% circa sono femmine), 215 milioni di bambini lavoratori di cui 88 milioni le bambine, e 140 milioni di donne sono vittime di mutilazioni genitali. A quest'ultimo tema verrà dedicata una serie di eventi speciali, dato che il fenomeno, seppur in sostanziale diminuzione nel mondo, si sta spostando verso i Paesi di immigrazione. In Europa, ad esempio, le vittime sono già 500.000, e 35.000 solo in Italia. Ma il tema centrale resta quello della violenza contro le bambine e le donne, che anche nel nostro paese è in preoccupante crescita. Dai dati forniti dalla Polizia Di Stato, i reati con vittime bambini sono stati circa 4300 nel 2010, e circa 5.000 nel 2011. Il quadro generale ci dice che aumentano soprattutto i reati a sfondo sessuale che vedono vittime le bambine, mentre un altro dato allarmante è l'esposizione delle donne ad una violenza potenziale, in Italia sono circa 10.000, dati che rappresentano in quanto ufficiali la punta di un iceberg.
All'Onu la posta in gioco nella Dichiarazione finale sono però i diritti riproduttivi: in particolare alcuni Paesi europei, Malta e la Polonia, non vogliono che li si citi esplicitamente, mentre il resto dell'Unione è favorevole. Questa spaccatura acuisce la già debole posizione comunitaria, che non riesce a trovare unità di fondo nemmeno sulle questioni di principio.
L'Italia, infine, si presenta a New York con un bilancio decisamente in chiaro scuro: molte le leggi adottate rispetto alla parità di genere, molti passi indietro riguardo alla loro effettiva applicazione e, soprattutto, una posizione decisamente negativa per quello che concerne la cooperazione allo sviluppo, a cui il nostro paese dedica lo 0,1% del suo Pil, a fronte dello 0,7% promesso nel 2000.
Quali saranno dunque le prospettive per la continuazione delle politiche per lo sviluppo? Dai dati già disponibili appare chiaro come i Paesi che sono usciti dalla morsa della povertà, in particolare in America latina, lo hanno fatto investendo le loro risorse nell'istruzione, nella sanità di base e in una più equa distribuzione delle opportunità economiche, e non certo perché aiutati dall'esterno. Questa evidenza farà certamente riflettere quando si tratterà di impostare le politiche di sviluppo per il prossimo ventennio: si scrive sviluppo si legge democrazia.
*Terre des Hommes
(il manifesto 2013.03.07 )
Guglielmo Zanetta.
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